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Una lettera…tra le tante del romanzo…una a caso…

Ciao piccola bimba.

Ciao piccola mia.

Ciao mia bimba.

Mia, no, solo un sogno, che sogno, una bella illusione, che illusione, uno strano desiderio, che desiderio, tutto un mondo, una vita, una voluttà, una sembianza, una immagine, una velleità, una esaltazione, ogni senso scompensato di una quotidianità lacerante sostituita dal disarmante sentore di un fervido istinto di eternità che nei tuoi occhi ritrova ogni ragione del suo infinito essere. Ecco perché mia, ecco in cosa mia. Mia perché vita, solo perché tutto.

Il fresco tepore di una incombente notte, avvolge, caloroso ed umido, ogni sentore di pensiero che, da quando ha saputo della tua esistenza, non fa altro che parlarmi di essa dipingendola, dolce e soave, lungo i confini di un indistinto orizzonte fatto di lacrime perse e di tersi sentieri dell’estasi.

Ancora solo, ancora con le ombre delle mie idee, con i silenzi di urla lontane, con i miei sogni, con te. Tutto ricorda l’eterno, induce a cercarti.

Solo come un tempo, solo come sempre, solo come voglio, solo come non mai, solo ma, ancora con te, ancora con l’incanto che sei divenuta, con la magia che mi ha stregato, con l’abisso dei tuoi occhi nei quali, ormai, riesco solo a precipitare e lasciarmi morire. Solo ma, più non solo, con le stelle, con un cielo disteso, dipinto violaceo di tele tagliate da ridenti bagliori, con immagini lontane eppur quanto vicine, con carezze ardite, desiderate, con una mano non avuta, con una vita tutta da respirare.

Una esausta penna asseconda in una danza di lettere finte ogni fugacità di una mente contorta nel mentre, disteso su un prato calpestato da mille ingiurie e ridicole incurie, lascio che ogni parvenza di vita si smarrisca nel buio di uno sguardo disperso, incantato, ritrovato in un punto lontano e vibrante che i più chiamano stella ma che, da qualche tempo, non posso che definire “mia piccola bimba”.

Un leggero venticello, sempre lo stesso, sempre presente, sempre salvifico ed incostante attornia come un sospiro di una stanca creatura ogni contorno di un corpo abbandonato ai suoi più vili ardori. Un corpo gettato in un angolo immondo di un arido terreno che pietà di sé lascia agli umani occhi. Ti penso. Tremo.

Tremo e non capisco!

Non riesco a capire, non riesco a smettere, mi preoccupo, ed ora…cosa c’è ora? No! Anche voi no, non dovevate ora, proprio ora che non capivo arrivate voi e tutto spiegate…lacrime immorali perché giungete tanto repentine e tanto immotivate? Perché in tutta quella indifferenza di giustificazioni sapete parlare e dire, far capire e tacere?

Vi maledico e vi adoro.

Come maledico ed adoro te, mia piccola bimba.

Capisco.

Tremo e piango. Poi mi accorgo di uno sguardo levato, di una figura composta, una strana, banale, figura geometrica composta nella pece di una notte in una parte di un cielo infinito…un triangolo, tre stelle, una di esse la prima di tutta una vita.

Tremo e piango ed ora so il perché!

Non volendo, in un inconscio dagli sconcertanti toni mi ero ritrovato a fissare quel triangolo “strano” ed etereo ed a congiungere, con l’immaginaria linea dei desideri e delle favole, il primo suo vertice col cuor del mitico Cepheo…avevo dato vita alla inclinazione meravigliosa di una lettera prima, di una parola infinita che assurge a sembianza di ogni ragione dei miei perché, parola che ormai diviene il volto di un Dio palesato, il miracolo di una Madonna concessa, la fiaba incantata da ascoltare in eterno, due occhi, due piccoli occhi, neri indistinti di alba e tramonto…ANANDA…la stavo componendo nel tuo cielo piccola bimba e tremavo, piangevo, ringraziavo.

Le Parche tessono il destino degli uomini con l’ordito e la trama dei più ambigui voleri, nodo dopo nodo, filo dopo filo, solo istanti dopo istanti fino a quando, distratte da un evento improvviso, inaspettato, si ritrovano a dar forma ad una figura insperata sul telo verecondo della umana vita.

Ebbene, tu mia piccola bimba, sei la distrazione di quelle avide arpie e rapendo la loro attenzione hai costretto, in un gioco intricato di fili ed orditi, le “fatali” signore a dar vita, sulla tela scontata del mio misero incedere, ad una anima insincera che senza di te, oramai, già perisce.

Cielo, padre degli uomini e custode dei sogni dimmi: cosa è quella bimba?

Perché sa rapire e concedere, perché sa far vivere ed insegnare, perché può imprigionare, legare, sacrificare, esaltare e poi lasciare morire?

Non lo sai, vero?

Non puoi saperlo, nessuno può saperlo.

Nessuno può sapere perché un respiro può essere troncato alla sola sua vista, pensiero, immagine.

Nessuno può sapere perché si può piangere, ardire, estasiarsi, perdersi.

Mia piccola bimba sei l’inganno più bello che abbia vissuto, l’unico inganno nella unica vita.

Sei figlia di tutti i sogni, madre di tutti i desideri. Con te nascono, da te vivono.

Un sogno eterno che non si accontenta di essere esaudito…esso rinasce ogni volta perché ogni volta si completa nell’incanto che sei e trasmetti.

Una eternità, proprio così, una eternità trascorrerei nel contemplare il tuo volto, quel dolce profilo di donna che lascia ammutoliti e sconcertati, a volte intimorisce. Troppo per un misero mortale quel volto divino che grazia e giustizia concede ed illumina.

Una mano nei capelli, quando lentamente li raccogli da un lato del tuo corpo…ed è un sortilegio inferto alla distrazione delle mie attenzioni.

Il tuo corpo, soave, delicato, sottile, elegante…non sai quante volte l’ho contemplato e ringraziato nella percezione di una sagoma intuita tra i riflessi accecanti di un sole immediato.

Il tuo incedere etereo, evanescente, quasi come sospesa in una aurea miracolosa lascia pregare che duri per sempre, che mai trovi riposo, calma, appagamento.

Le tue mani leggiadre invocano la danza di onde serene nel mentre del loro sfiorare la materia di un vento intangibile.

E cosa dire delle tue labbra? Un solo bacio e la frescura di valli solitarie inebria ogni sentore, spiazza ogni estivo calore, concedendo la brezza di una mattutina rugiada, come su un fiore alle luci dell’alba essa sembra posarsi sul velluto, turgido e delicato, delle tue labbra, da accarezzare, sfiorare, mordere, solo baciare.

Il tuo collo, e cosa dire dei tuoi occhi…bhè di essi già sai abbastanza…del seno che attrae, di tutto quello che sei scriverei e direi con la stessa esaltazione di un Cristo concesso. Mai nulla mi aveva tanto stregato, mai nulla tanto sconcertato, mai nulla era stato la mia piccola bimba.

Mai nulla era stato…una donna tanto seducente.

Se fossi una pietanza di certo saresti la più complessa di esse, di quelle che attraggono lo sguardo confondendo le ragioni, di quelle che inebriano con il loro soave profumo, di quelle che stregano con un gusto divino che lascia dell’unico assaggio l’ardore del suo ripetersi ed il retrogusto sospeso di un sapore di vita.

Bimba non avrei mai creduto, donna, inizio a credere…ho sempre sorriso a chi mi parlava di una vita insieme e per sempre, non credevo possibile o auspicabile “sprecare” una vita con la stessa persona, ma non sapevo che qualcuno potesse essere un sogno, un incanto che lascia dire di sé solo che durerà in eterno.

È strano, riesco a parlare di te, ad immaginarti e desiderarti solo nella proiezione dell’eterno, dell’infinito, del per sempre.

Questo forse ti infastidirà, dirai quale diavolo di eterno, quale infinito, ma solo attimi ed istanti da vivere. È vero, attimi ed istanti da vivere, ma in me quegli istanti ed attimi si perdono nell’incessante riposo di un tempo assopito che cede i suoi compiti al tutto dell’infinito.

Grazie mia piccola bimba, grazie per la vita donata, concessa, per gli infiniti sogni soddisfatti e da soddisfare, per quello che sei, per l’angelo che rappresenti, per gli insegnamenti impartiti. Mi hai insegnato ad “amare”(chi lo avrebbe mai detto?). Per un mondo conquistato…un cielo imbalsamato…una notte che dura per sempre.

È tardi mia piccola bimba, le palpebre iniziano a calare lentamente su uno sguardo sospeso nel nulla. La notte cede il posto ad un sole già stanco. Devo andare!

Dormi bene mia adora creatura, incanto, vita.

Ti adoro…

Ananda e…sai non può esistere senza….

Ti amo!

Tremo ancora ma ora so!

Grazie per aver straziato l’immagine di una vita senza di te. Oramai è divenuta inconcepibile.

Perdona! Perdona per la incapacità di comunicarti quello che sei, per quelle richieste che ancora avanzi e che sottendono un dubbio “sciocco” di non essere abbastanza. Non riesco a farti capire cosa sei e quanto sei, per ora sforzati a credere che sei ogni cosa. Immagina tutto un mondo, ebbene, levalo alla potenza dei sogni e dell’imprescindibile ed avrai una idea di quello che sei.

Ti chiedo perdono per ogni volta che mi domanderai e dubiterai, che crederai di non essere “unica” ma parte. In tutti quei casi avrò sempre fallito nel farti ancora capire che mondo e vita sei.

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